|
 |
La IV^ Esposizione Nazionale
Un altro ingresso dell'Esposizione (da una stampa dell'epoca) L'architetto Ernesto Basile La trasformazione urbanistica della zona ex-Esposizione
Piazza Politeama prima dell'Esposizione
E' stato realizzato il Viale della Libertà (da una foto del 1930) Una foto del 1938
 Il Viale della Libertà come lo ricordo L'altra "passegiata" il Foro Italico Il Foro Italico prima della guerra con lo sfondo di Monte Pellegrino, a sinistra in basso il palchetto dove si svolgevano concerti musicali per allietare la passeggiata dei palermitani
 Al termine del C.so V.Emanuele, Porta Felice e la Fontana del Cavallo Marino, entrambi distrutte dai bombardamenti e ricostruite. La porta si affaccia sul Foro Italico. Palazzo Butera si affaccia sul Foro Italico; era una dei più frequentati palcoscenici dell'alta società dei tempi dei Florio
 In uno dei suoi splendidi saloni Visconti ha girato la famosa scena del ballo nel Gattopardo
 Oggi vengono utilizzati per prestigiosi pranzi di nozze
|
|
 |
|
|
|
 |
Altre immagini della Palermo passata ed in buona parte perduta
Villa Deiella, sullo sfondo di Piazza Croci, famosa per essere stata demolita in una notte Villa Rutelli, una delle tante demolite sul Viale Libertà Palazzo Cusenza a Piazza Gentili
Segue pannello destra
|
|
 |
|
|
|
|
 |
Fra nostalgia e ricordi
Lo
zio Ettore è deceduto nel 1930 a 70 anni, una bella età per quell’epoca, nella
quale la vita media degli italiani era nel 1900 di 43 anni, per salire nel 2002 a 76,8 per i maschi e 82,9 per le
femmine. Era
uno dei più stimati notai della città e la professione gli consentì di raggiungere
una posizione economica che per quei tempi ne facevano un uomo molto facoltoso.
Possedeva una villa dove in alcune voliere teneva uccelli indigeni ed anche
pappagalli, fra i quali una grande Ara. Ma la sua principale passione erano i
cani. Mia nonna ricordava un magnifico San Bernardo, per il quale aveva
predisposto, come giaciglio, una struttura in legno sotto la quale in estate disponeva dei blocchi di ghiaccio, in modo che non soffrisse eccessivamente il
torrido caldo siciliano, al quale quella razza non era avvezza. In altre parole
era un precursore della cultura odierna che impone il rispetto ed il benessere
degli animali che si detengono. Passione e rispetto per gli animali che ha trasmesso alla discendenza. (Nelle foto la nipotina Lydia a 2 anni)
Lo
zio Ettore proveniva da una famiglia di professionisti, esempio rappresentativo
della classe borghese di allora, evoluta culturalmente ed intellettualmente, il
cui processo di trasformazione sociale era iniziato con l’Unità d’Italia,
quando la parte più illuminata della nobiltà siciliana iniziò ad aprirsi a
quella classe, prima ostentatamente tenuta fuori dal loro ambiente. La
maggioranza dei nobili aveva compreso che isolandosi non avrebbe potuto
mantenere in futuro i privilegi goduti fino ad allora, mentre occorreva
integrarsi con la nuova classe emergente: la borghesia. Tommasi di Lampedusa ha
magistralmente descritto quella fase storica nel suo capolavoro “Il Gattopardo”
ispirando il termine di “gattopardismo” con cui si definisce ancora oggi quel comportamento.
Palermo
a partire da quegli anni attraversò un esaltante periodo di realizzazioni architettoniche,
urbanistiche e culturali, ma anche di brillante vita mondana, che la portò
all’attenzione del bel mondo internazionale.
Fra
i principali protagonisti emerse la famiglia Florio della quale, tracciando una
breve e veloce storia, è più facile e piacevole conoscere quel periodo storico. Paolo
Florio, capostipite del ramo siciliano, era originario di Bagnara Calabra dove
possedeva già alla fine del 1700 una piccola flotta mercantile di feluche ed
imbarcazioni varie, con le quali trasportava il legname dei boschi calabresi in
vari porti del Mediterraneo. Con Palermo il rapporto si consolidò, in quanto
dopo lo scarico imbarcava pesce siciliano conservato. Il figlio Vincenzo nato
nel 1799, decise con il fratello Ignazio di trasferirsi stabilmente a Palermo,
intuendo la possibilità di realizzarvi ottimi affari.
Ignazio
alla morte del fratello, associò alla
ditta, il nipote di otto anni e costituì la “Ignazio e Vincenzo Florio”. Crebbe il nipote come un
figlio e questi, alla morte dello zio, ereditò la ditta, portandola a divenire
in breve una delle più potenti realtà economiche nazionali. Le capacità
imprenditoriali di Vincenzo Florio gli valsero da parte dei biografi
l’appellativo di “primo cavaliere d’industria siciliano” e…..vorrei aggiungere,
forse unico. Vincenzo è giovane intelligente, dinamico ed attento all’aria di
rinnovamento e di progresso che pervadeva la società siciliana di allora. La
permanenza a Palermo ai primi
dell’ottocento dell’Ammiraglio Nelson aveva attirato numerosi industriali inglesi,
che acquisirono il monopolio dei settori vinicolo, dell’estrazione dello zolfo
e della pesca del tonno. Le famiglie Whitaker, Woodhouse, Ingham, Hopps, erano
solo alcune di quelle più potenti ed in
vista, i cui nomi ancora oggi vengono ricordati da splendide ville e palazzi, a
loro appartenuti, che costituiscono vanto della città di Palermo. Florio costituisce con l’inglese Beniamino Ingham la “Società dei
battelli e vapori siciliani”; acquista una fabbrica del ferro e del bronzo, che
successivamente, con il nome di “Fonderia Oreta” trasformerà in una stabilimento
metalmeccanico all’avanguardia nella costruzioni di caldaie, macchine e pezzi
di ricambio per navi.
Gli
interessi dei Florio si allargano ancora in altri settori: fondano con Raffaele
Barbaro una società per la “manifattura del vino all’uso del Madera”,
produttrice del famoso “Marsala Florio”, si interessano alle miniere di zolfo
di Racalmuto, acquistano una fabbrica di acido solforico che diventerà la
futura “Chimica Arenella”, una filanda ed avviano l’attività di conservazione
del tonno, che si consolidò e sviluppò con l’acquisto delle tonnare di
Favignana.
Il
punto di maggiore ascesa dell’impero di Casa Florio fu raggiunto durante la
gestione di Ignazio junior, non solo in campo economico ma anche come prestigio
sociale. Alla morte del padre nel 1891, Ignazio gli succedette nella gestione
di tutte le attività a soli 21 anni; due anni dopo l’11 febbraio, sposa Donna
Franca. La
convinzione comune che “dietro il successo di un grande uomo c’è sempre una
grande donna” é confermata dalla figura di Franca Florio, della quale traccerò
un breve profilo. Nata
a Palermo il 27 dicembre 1873 é figlia del barone Pietro Jacona di San Giuliano
e di Costanza Notarbartolo di Villarosa, casate di antico lignaggio siciliano.
I capelli scuri e la carnagione bruna, tipici di una bellezza mediterranea,
contrastavano con i suoi brillanti occhi verdi. Il colore della pelle
costituiva il cruccio di Franca, in quanto a quell’epoca in una donna era
apprezzata per il suo candore. Questo la indusse, già sposata, a farsi
“porcellanare il viso” presso un istituto di bellezza di Parigi. Il
procedimento viene descritto in un giornale dell’epoca: “…..bisognava togliere
a piccoli pezzi l’epidermide, spruzzare il volto di sostanze antisettiche,
passare dello smalto liquido ed asciugarlo poi con un ventaglio e con la cipria”.
Un
trattamento che ricorda l’uso odierno del botulino…... passano i secoli ma la
vanità femminile non cambia, a rischio anche di compromettere la salute!!!
La
giovane Franca di San Giuliano, diciassettenne bellissima, attrasse
l’attenzione di Ignazio Florio quando uscendo in carrozza con il padre transitava
dinanzi palazzo Florio a piazza Olivuzza (1), dove il giovane non mancava di
farsi trovare al balcone e presto scoccò l’idillio. Il barone Jacona di San
Giuliano non gradì molto questo corteggiamento, in quanto i Florio non erano
nobili; ma alla fine dovette arrendersi al carattere determinato e pieno di
gioia di vivere della figlia e aderì all’evoluzione del tempo che non
considerava più tanto sconveniente un matrimonio fra nobili e borghesi………specialmente
se il borghese era intestatario di un ricco patrimonio.
 Superata
l’ostilità del padre, grazie anche alla discreta opera di persuasione della
madre Costanza Notarbartolo, le nozze furono celebrate il 2 settembre 1892, in
forma strettamente privata, per rispetto al Ignazio che aveva perso il genitore
da meno di due anni.
Al
rientro dal viaggio di nozze, gli sposi soggiornarono temporaneamente alla
villa dei Colli, in attesa che venisse
ultimato il loro appartamento presso Palazzo Florio all’Olivuzza. Fu arredato
con mobili solidi e di buon gusto,
della fabbrica Ducrot, che realizzava l’arredamento delle navi della Flotta
Florio ed in seguito quello di Villa Igiea, su disegni dell’architetto Ernesto
Basile. La Ditta Ducrot fu forse una delle prime ditte a “firmare” i suoi
prodotti con il proprio marchio. Ho avuto modo di ammirare presso un famiglia
siciliana di mia conoscenza uno di questi mobili (vedi pannello dx), simile nel disegno a molti di
quelli che ancora arredano Hotel Villa Igiea (2).
Villa Igiea fu inaugurata il 19 dicembre 1900; posta
alle falde del Monte Pellegrino,
dalle sue terrazze degradanti sul mare, offre uno splendido panorama del Golfo
di Palermo. Era il più lussuoso ed esclusivo di Palermo, meta di illustri
personaggi del secolo diciannovesimo.
Attualmente è rimasto tale, ospitando anche i più
noti uomini politici della Repubblica, dove nei suoi saloni tessono le loro
trame, spesso intrecciandosi con quelle di personaggi in odore di mafia.
Si è
detto che Andreotti per recarsi al famoso “incontro del bacio” con Totò Riina sia
partito proprio da quell’albergo. I lunghi anni del processo non hanno mai
confermato l’episodio, ma questa è ancora cronaca e sarà solo la Storia a
potere dire la verità. Da parte mia, nato e vissuto fino a trentasette anni a
Palermo, posso solo dire che è “verosimile”. Un mafioso come Riina era capace
di quel gesto, non per affetto ma per affermare la propria “contiguità” ad
Andreotti, il quale noto per il cinismo ed intelligenza politica, si sarebbe
guardato bene dal rifiutarlo, conscio che non sarebbe uscito vivo
dall’incontro, riservandosi tornando a
Roma di ristabilire le “distanze” fra politica e mafia, prendendo quei
provvedimenti che sono stati la sua migliore arma di difesa nel processo.
Facciamo un passo indietro. L’anno precedente le
nozze di Ignazio e Franca Florio si era svolta a Palermo la IV Esposizione
Nazionale Italiana.
L'incarico di realizzare l'architettura della struttura fu affidato ad Ernesto Basile, il quale aveva osservato le evoluzioni del dibattito artistico culturale della sua epoca in Europa e si era nutrito della voglia di rinnovamento del padre, che fu portatore di uno stile nuovo che trovava nelle linea curva e sinuosa l'elemento insieme costruttivo e decorativo.
Ernesto Basile concepisce una composizione "vasta e grandiosa, su un tema quanto mai significativo per quella prima esposizione nella quale la Sicilia, ricongiunta all'Italia, doveva presentarsi agli Italiani" (4). In quel clima di sperimentazioni eclettiche che comprendevano un rivivivere di architetture gotico-veneziani, rinascimentali, ecc. Basile pensò di ideare l'ingresso principale ed i padiglioni in stile arabo-normanno. L'esposizione non fu solo un'occasione per mostrare i progressi della tecnica, ma anche esempi dell'arte e dei costumi dell'epoca. Coprì una vasta area situata tra le attuali Via Dante, Via P.pe di Villafranca e Via Libertà; proprio qui in seguito sorgerà un quartiere moderno concepito secondo i dettami del tempo. Lungo il V.le della Libertà sorsero numerosi palazzi e ville stile Liberty che lo resero una delle più belle arterie del tempo ed, assieme al Foro Italico, divenne luogo preferito per le passeggiate in carrozza e landau. Dopo questa prima rivoluzione urbanistica, seguì quella delle due arterie principali di Palermo: l'asse Piazza Stazione/Via Roma e quella Piazza Stazione/Via Maqueda, alle quali ho dedicato una pagina a parte, che potete visitare cliccando.
Nelle foto da sinistra: Piazza Politeama 1891, Viale della Libertà 1930, Foro Italico 1928
La manifestazione attrasse i più alti personaggi del mondo artistico, economico e politico dell'intero continente e di oltreoceano. Ignazio Florio durante i numerosi incontri mondani instaura rapporti a livello internazionale, accarezzando il disegno di europizzazione della Sicilia. Franca con grazia e charme aiuta non poco il marito a portare avanti il discorso da lui iniziato. Ma forse i tempi non erano maturi e, come ci dirà successivamente la storia, il momento magico dell'isola passò come un meteora, coincidendo con il declino di Casa Florio conclusosi nel secolo XX° come vedremo alla fine di questa breve nota.

Terminata la seconda guerra mondiale ho avuto la
fortuna da ragazzo di passeggiare lungo il Viale della Libertà all’ombra dei meravigliosi platani ed
ammirare le costruzioni d‘epoca che ancora la fiancheggiavano, prima che la
speculazione edilizia le demolisse quasi tutte, per fare il posto a palazzi multipiani. I giovani di allora, che vi praticavamo lo “struscio”, non
apprezzavamo il fascino di quel Viale, pensando solo ad ammirare le altere e
distaccate bellezze palermitane loro
coetanee. Nel corso di una delle mie ultime visite a Palermo ho constatato, con
un groppo al cuore, che anche i platani non
sono più quelli rigogliosi di una volta a causa dello smog.

Ma bando ai ricordi e riprendo il filo del discorso. Il fiume di denaro che Franca ebbe a disposizione
con le nozze, unita alla innata naturalezza proveniente dalle origini
aristocratiche, le facilitò il compito di calarsi nella nuova realtà e condurre
una vita mondana che aiutò non poco Ignazio negli affari. La sua figura alta e
slanciata, la classe con cui vestiva gli splendidi abiti che i sarti parigini
creavano per lei, ne mettevano in risalto la carnagione ambrata ed i brillanti
occhi verdi. Al fascino della sua bellezza aggiungeva nei rapporti
interpersonali, la grazia del sorriso, l’eloquio scintillante ed intelligente,
unito al portamento altero, ma non superbo, doti che le consentirono in breve
di entrare nel cuore dei concittadini, che arrivarono a definirla “la Regina di
Palermo”. Il
suo fascino non si limitò ad una conquista locale, ma anche nel bel mondo
internazionale di allora, nel quale i Florio poterono vantare grandi
amicizie. Basti ricordare per tutto che i Florio ebbero l’onore di ospitare per
un tè nella loro prestigiosa dimora dell’Olivuzza il Kaiser Guglielmo II, la
moglie Imperatrice Augusta Vittoria ed i figli maggiori. Franca organizzo
personalmente i preparativi per l’incontro, ordinando che con il tè, oltre ai
pasticcini, fosse servita la cassata siciliana, molto apprezzata dagli ospiti. Il Kaiser
giunse in visita a Palermo nell’aprile del 1896, mettendo in subbuglio le
signore dell’aristocrazia che prepararono toilettes e gioielli per partecipare
ai previsti impegni mondani. La visita si concluse con la prima della Bohème al
Teatro Politeama, presente anche Giacomo Puccini. Fu
l’ultima stagione lirica in quel teatro, in quanto nel maggio dell’anno
successivo si inaugurò il Teatro Massimo, progettato dall’architetto Giovan Battista
Basile e completato dopo la sua morte dal figlio Ernesto. L’impresario (3)
fu Ignazio.
|
|
 |
|
|
|
 |
Le
iniziative prese dai Florio per la città di Palermo furono numerose e diedero
un notevole contributo al prestigio alla città per imporsi all’attenzione del bel mondo
internazionale.
L’evento
forse più importante, frutto dell’inventiva e della genialità di Vincenzo
Florio, fu l’organizzazione del “Primavera Siciliana” un susseguirsi di
iniziative mondane, turistiche e sportive che attrassero a Palermo ed in tutta
la Sicilia i massimi esponenti dell’aristocrazia, della cultura e della finanza
internazionale (4). 
Fra questi eventi il più noto è la Targa Florio, che ha mantenuto la sua importanza nel tempo, per il fascino del suo percorso in salita lungo le tortuose strade delle Madonie. La prima edizione ebbe il via il 6 maggio 1906.
Palermo
assunse in quegli anni un ruolo che le valse l’appellativo di “Ville Lumière
del Mediterraneo”, divenendo tappa di numerose “teste coronate” e di nomi
illustri della cultura, come Goethe, Maupassant, Wagner, Puccini, Trilussa,
Oscar Wilde, D’Annunzio e di finanzieri come Rothschild.
Per
comprendere a fondo la personalità di Franca Florio, il rapporto che ebbe con
il Vate merita un breve approfondimento.
Il
loro incontro avvenne in occasione della prima assoluta della Gioconda, opera
del poeta, al Teatro Bellini il 15 aprile 1899, presentato dalla compagnia di
Eleonora Duse ed Ermete Zacconi. D’Annunzio non restò insensibile al fascino
della nobildonna palermitana, appassionata lettrice dei suoi romanze e poesie,
tentando come solito di annoverarla fra le sue conquiste. Ma Donna Franca,
nonostante i ripetuti tradimenti del marito, che conosceva e perdonava dopo
violente scenate, gli restò sempre fedele e sapeva tenere a bada con grazia e
stile gli innumerevoli corteggiatori che la circondavano. Il legame con il
poeta fu improntato sempre ad amicizia sincera, reciproca stima ed ammirazione.
Il
punto più alto dell’ascesa sociale di Franca Florio giunge in 26 maggio 1902 con la nomina a “Dama della
Regina”, alla quale era stata presentata nell’anno precedente. Il ruolo
ricoperto le offre numerose prerogative nelle cerimonie mondane ufficiali, che
accrebbero il prestigio dei Florio. Al contrario Ignazio rifiutò i titoli
nobiliari propostigli, orgoglioso che il potere e la ricchezza derivavano dalla
genialità imprenditoriale della sua Casa.
Franca
Florio conobbe durante un soggiorno a Saint Moritz il pittore Giovanni Boldini,
famoso per i ritratti femminili. Boldini eseguì un quadro che, per la carica di
seduzione messa in risalto dalle forme e curve, sembrò ad Ignazio che
esaltassero più gli attributi fisici anziché la bellezza e la regalità della
moglie. Quando i Florio furono costretti dalla crisi ad alienare il patrimonio
il quadro fu uno dei primi ad essere ceduto al barone Rothschild. Durante la
guerra fu confiscato dai tedeschi, ma alla fine del conflitto fu restituito ai
legittimi proprietari. Successivamente acquistato dai Caltagirone, oggi ha
trovato giusta collocazione nell’albergo di Villa Igiea.
Il
1912 è un anno nel quale ad Ignazio Florio gli affari iniziano a non andare per
il solito verso. L’industriale Piaggio ed un gruppo di imprenditori genovesi
riescono ad acquisire il pacchetto di maggioranza dei Cantieri Navali Riuniti
alla quale fa capo anche quello di Palermo, estromettendone i Florio. I gruppi
industriali del nord hanno il controllo anche dei cantieri di Ancona e Riva
Trigoso. Il colpo è pesante e segna l’inizio del declino dell’impero della
famiglia siciliana.
Successivamente
con l’aggravarsi della situazione finanziaria ed economica del Gruppo Florio
vengono cedute altre aziende, fra queste, quella della Ceramica alla Richard
Ginori, le tonnare di Favignana ai Parodi di Genova, la società per la
produzione del marsala alla Cinzano.
Per il tracollo definitivo fu determinante la revoca nel 1929 della concessione
della linea Napoli-Palermo. La Banca Commerciale Italiana verso la quale la Compagnia di Navigazione e personalmente i
Florio erano indebitati ne acquisì il pacchetto di maggioranza. Cominciano a
piovere le richieste dei creditori nazionali ed internazionali: alberghi,
sartorie, gioiellerie e mobilifici,
fornitori abituali per consentire ai Florio di mantenere il loro altissimo
tenore di vita. Franca docilmente accetta che il marito ceda in pegno i suoi
gioielli, dopo avere venduto i tre yacht di famiglia.
Quale
furono le scelte politiche ed i personaggi che determinarono la caduta
dell’impero dei Florio: il governo Giolitti, l’avvento del fascismo, i gruppi
imprenditoriali settentrionali, la Banca Commerciale Italiana? Il dibattito non
è ancora concluso e spetterà agli storici dare una risposta, ma è certo che
l’evento segnò anche la fine del sogno siciliano di ricoprire un ruolo
economico paritario nell’Italia unita.
Nel dopo guerra la concessione alla
Sicilia di una vasta autonomia doveva contribuire, nell’intenzione dei
politici, ad eliminare il “gap” con il tessuto economico e sociale del nord. La
cronaca ci insegna che la soluzione oltre a dimostrarsi illusoria, ha prodotto vasti
effetti negativi sul tessuto sociale siciliano. Gli uffici regionali che sorsero a Palermo divennero una sorta di
calamita per le popolazioni delle provincie che trovarono facile occupazione grazie
al sistema politico clientelare. Questo flusso dalla provincia alla città di “mezzadri inurbati” (termine preso a
prestito da Gianpaolo Pansa, con il quale ha definito Antonio Di Pietro),
con un semplice diploma ottenuto alle scuole serali, non potevano costituire
una classe burocratica all’altezza di svolgere l’immane compito di dare una
svolta alla Sicilia, sarebbe stata necessaria una preparazione da “Ecole francaise de commis de l’Etat!! Certo
non mancavano bravi dirigenti motivati e professionalmente preparati , ma l’armata
Brancaleone che avevano alle dipendenze tarpava loro le ali. Mi si perdoni il
termine usato, che non vuole essere offensivo per la categoria dei mezzadri,
che quando svolgono il loro compito nelle campagne lo fanno egregiamente, ma il
passaggio da un’attività all’altra richiede una preparazione che “la
chiamata” di un politico interessato solo ai voti non può dare.
Peraltro la loro massiccia presenza
in città ha provocato lo scadimento culturale e comportamentale di Palermo, che
abbiamo messo in evidenza nella parte dedicata al periodo della presenza dei
Florio.
Ma anche la mafia che, fino allora,
era costituita dalla tradizionale “mafia di campagna” nel trasferirsi in città
cambiò volto e divenne quella pericolosissima organizzazione criminale, che
allungò i sui tentacoli, prima nel settore delle costruzioni, successivamente
in quasi tutti quelli economici. Da questo all’intreccio con il potere politico
il passo è stato breve; ma inutile parlarne in quanto la cronaca siciliana,
intrisa del sangue di tanti fedeli servitori dello Stato che hanno sacrificato
la loro vita per contrastare il fenomeno, è nota a tutti. L’argomento esula da
questo scritto, mentre sarà compito della Storia farvi luce e trarne le
conclusioni.
Mi premeva invece mettere a raffronto
il cambiamento che ha subito la società siciliana con quella del periodo che ho
tracciato, prendendo spunto dalla personalità dello zio Ettore.
Sul
viale del tramonto i rapporti familiari sembrano stringersi, rendendo per
Franca meno penoso il radicale cambiamento della vita alla quale era abituata, comunque
la sua personalità le è stato di aiuto a sostenerla con grande dignità. Da
tempo si è trasferita stabilmente a Roma, dove Igiea, che aveva contratto
matrimonio con il duca Averardo Salviati, le è molto vicina, allietandola con
la sua presenza e con quella dei nipotini. Ignazio frequentemente la raggiunge
a Roma da Palermo. Ad allietare il grigiore di quel periodo sopraggiunge il
matrimonio di Giulia, la più giovane delle sue figlie, con il marchese Achille
Belloso Afan de Rivera. Il giorno precedente la cerimonia Franca ha la gioia di
accompagnare la figlia ed il fidanzato dalla Regina Elena. Le nozze vengono
celebrate con sfarzo e Franca, sempre bella ed elegante, si sente ritornare in
quei momenti ai fasti di Casa Florio.
Franca
Florio si spegne il 10 novembre 1950 a Migliarino, ospite della figlia Giulia e
del marito Achille Belloso Afan de Rivera, assistita anche dall’altra figlia Igiea.
Ignazio muore sette anni dopo nella sua Palermo.
Prima
di chiudere questa pagina desidero precisare alcuni aspetti che al lettore
potrebbero risultare poco chiari. Ho preso spunto da Zio Ettore, che nel mio
immaginario considero come l’antenato che ha trasmesso i cromosomi della passione
per gli animali alla mia famiglia, per divagare sulla Palermo della sua epoca. Proprio
nei giorni che iniziavo a scrivere, dei cari amici palermitani sono arrivati a
Lecce, donandomi un libro: “Franca Florio
di Anna Pomar – Edizioni Novecento, Via Siracusa 16 - Palermo”. Conoscevo
superficialmente questo periodo storico della mia Palermo e sono rimasto
affascinato, approfondendolo con questa lettura, dal personaggio di Donna
Franca e della Famiglia Florio, tanto da indurmi a riassumerne alcune pagine,
intramezzandole con riflessioni personali, frutto del mio vissuto di
palermitano.
Per
finire desidero precisare che non sono un nostalgico della monarchia, convinto
che l’istituzione repubblicana sia più consona ad uno Stato democratico
parlamentare, dove ai vertici si dovrebbe arrivare per merito e non per diritto
ereditario. Non rimpiango neanche i tempi in cui l’aristocrazia era la classe
dominante. Ma nella fase postunitaria di trasformazione della
società, il connubio fra aristocrazia illuminata e borghesia produttiva, aveva
consentito l’affermarsi di personaggi dinamici ed intelligenti, che hanno dato
lustro a Palermo di quell’anni. Si quella nuova classe, ricca anche di valori,
ormai sparita la rimpiango!!! Mi domando qual è oggi la classe dominante palermitana?!?!?!!

N O T E:
(1) Vincenzo Florio,
nonno di Ignazio, acquistò il palazzo dalla principessa russa Tchekovskaia e
successivamente quello a fianco del duca Serradifalco annettendoli e, su
progetto dell’architetto Cavallari, modificò il prospetto. Nello stupendo parco
fu edificato fra il 1899 ed il 1902, su progetto di Ernesto Basile, uno
splendido villino. È una delle prime opere architettoniche in stile Liberty d'Italia
e viene considerato uno dei capolavori dell'Art Nouveau anche a livello
europeo. Il Basile inserì nella struttura vari elementi, come facenti parte di
un itinerario: ricurve superfici barocche, capriate tipicamente nordiche, torrette cilindriche che
rimandano ai castelli francesi, colonnine romaniche e bugnati rinascimentali sono tutti elementi
sapientemente miscelati a creare un capolavoro di eclettismo ed originalità.
Terminata l'età d'oro della famiglia, il villino cadde nel dimenticatoio fino
all'incendio del 1962 che ne danneggiò parte dell'interno. Si mormorò che fu la mafia dell’edilizia a
compiere il gesto criminoso, allo scopo di rendere edificabile la bellissima
zona. Fortunatamente fu una delle poche volte che non raggiunse lo scopo ed
oggi il villino restaurato ospita gli uffici del Dipartimento Regionale per
l'Architettura e l'Arte Contemporanea ed è una delle sedi di rappresentanza della Regione Siciliana. (2 )La ditta Ducrot
si Palermo diventata famosa per gli arredi navali, ha realizzato anche quelli
del “Giulio Cesare” il grandioso transatlantico della Navigazione Generale
Italiana dei Florio, varato nel 1920. Possiamo considerare questo grande evento
l’inizio della fine dell’avventura dei Florio nel campo della navigazione.
(3) La carica di
impresario corrisponde a quella attuale di Sovrintendente (4) Di quel periodo
la costituzione del Circolo Canottieri Roggero di Lauria, il più prestigioso
circolo nautico della città.
Dopo questa rapida carrellata sulla Palermo colta ed intellettuale,
in buona parte scomparsa, vorrei
soffermarmi su un aspetto culturale meno elevato, ma per questo non meno importante
in quanto legato a fatti storici e tradizioni popolari, che comunque
caratterizzano la mia città. Oltretutto un argomento più leggero mi sembra
adatto a concludere queste pagine che considero come “un omaggio alla mia
Palermo”.
IL CIBO DI STRADA E........NON SOLO
Lecce, 18 luglio 2012
|
|
 |
|
|
|
|
 |
Alcuni immagini esterne di Villa Igiea Da una stampa dell'epoca Da una foto dei primi del '900 Foto recente Il porticciolo turistico
|
|
 |
|
|
|
 |
Immagini interne di Villa Igiea Sala Basile e particolare dgli affreschi Uno degli ovattati salotti Il ritratto del Boldrini di Donna Franca ha trovato giusta collocazione in un salone della sua Villa Igiea
|
|
 |
|
|
|
 |
Particolari del mobile Liberty, citato nel testo
Sul bordo del cassetto il marchio "Ducrot"
|
|
 |
|
|
|
 |
Altre immagini della Palermo passata ed in buona parte perduta


 Il Castello della Zisa del 12° secolo sorto per volontà di Re Guglielmo fu realizzato da architetti arabi, allora graditi ospiti degli illuminati sovrani palermitani. Il nome deriva dall'arabo "al-Aziz" che vuol dire nobile, glorioso. Andato in decadenza, solo di recente é terminata la ristrutturazione, per renderlo fruibile ai visitatori. Nell'ultima foto l'affresco del soffitto raffigurante dei diavoli, che per la loro disposizione, era difficile contare con esattezza. Questo particolare ha ispirato il detto popolare che per indicare un numero imprecisato recitava "sono quanto i diavoli della Zisa". Villa Alliata a Serradifalco, costruita nel 1860. Finita in mano ad un mafioso nel 1990 é stata confiscata e destinata ad abitazione per i senza tetto. Oggi versa in completo degrado.
|
|
 |
|
|
|